L’Italia è ricca di acqua, ma ne spreca molta e investe poco nel sistema idrico. Il nostro paese, poi, ha perso la leadership tecnologica sui desalinizzatori. L’analisi di Andrea Montanino, capo economista di Cdp, e le parole di Salini (Webuild)
Sull’inserto L’Economia del Corriere della Sera, l’economista Andrea Montanino – attualmente direttore della sezione Strategie settoriali e impatto di Cassa depositi e prestiti – ha raccontato i problemi del sistema idrico italiano: gli acquedotti sono generalmente vecchi, gli investimenti sono scarsi, le perdite di acqua corpose e i consumi medi per cittadino molto più alti rispetto ad altri paesi europei. UN QUADRO NEGATIVO Come ha ricordato un recente brief di Cassa depositi e prestiti sul tema, In Italia le perdite degli impianti di distribuzione idrica ammontano al 42 per cento: in Francia, per fare un paragone, il valore è al 20 per cento, e in Germania all’8. Il 36 per cento della rete di acquedotti, poi, ha un’età compresa tra i trentuno e i cinquant’anni, e il 22 per cento ha più di mezzo secolo. “Peccato”, scrive il capo economista di Cdp, Montanino, “che il tasso di sostituzione è 1/5 di quello che gli esperti stimano ottimale e gli investimenti pari a solo 49 euro per abitante rispetto ai 90 della media europea”. PERCHÉ L’ITALIA INVESTE POCO NELL’ACQUA La capacità di investimento nel servizio idrico risente di due grosse criticità, spiegava il rapporto di Cassa depositi e prestiti. Una è la “polverizzazione dei gestori”: sono troppi, cioè, oltre 2500. Di questi, l’83 per cento sono gestioni in economia (operate in maniera diretta dall’ente locale) che hanno una bassa propensione all’investimento; il restante 17 per cento è composto da operatori industriali, la metà dei quali, però, è di piccole dimensioni e dunque poco competitivo. L’altro grande problema risiede nell’incompiutezza del “processo di riorganizzazione della governance”: è partito verso la metà degli anni Novanta per facilitare la trasformazione del settore in senso industriale, introducendo ad esempio gestori unici e integrati lungo l’intero ciclo. Si tratta tuttavia di un processo non ancora completo, specialmente nelle regioni del Sud. DISPONIBILITÀ E CONSUMO (ECCESSIVO) DI ACQUA IN ITALIA Tra tutti i paesi membri dell’Unione europea, solo Francia e Svezia possiedono una quantità di nuova acqua derivante dalle precipitazioni superiore a quella dell’Italia. Tuttavia, spiega Montanino, “se è vero che l’Italia è uno dei paesi dove piove di più, è anche in corso un rapido processo di riduzione delle precipitazioni annuali sul nostro territorio” In media, poi, gli italiani consumano “110 litri di acqua in più al giorno rispetto a un tedesco”. “Forse la spiegazione”, aggiunge l’economista, è che “l’acqua in Italia è un bene a buon mercato perché non viene percepito come scarso: se a Milano costa 76 centesimi al metro cubo, a Barcellona il prezzo è triplo e a Parigi quadruplo”. I DESANILIZZATORI E LA QUESTIONE TECNOLOGICA Nel suo articolo Montanino si sofferma in particolare sui desalinizzatori, quegli impianti che permettono la rimozione del sale dall’acqua di mare, ad esempio. Scrive che “l’Italia aveva all’inizio degli anni ’70 il monopolio tecnologico e aiutò con i primi impianti a sviluppare impianti in posti come Dubai e Abu Dhabi, ma non pensò all’utilizzo di queste tecnologie a fini interni. Così oggi in Spagna circa 6 milioni di metri cubi di acqua vengono ottenuti da questi impianti ogni anno, mentre in Italia la cifra è soltanto 700 mila metri cubi”. L’economista spiega che gli avanzamenti tecnologici hanno ridotto sia il consumo energetico dei desalinizzatori, sia il costo di produzione dell’acqua dissalata. “Sfruttare l’acqua del mare, per un paese che ne è circondato”, spiega, “può essere un’occasione da non sprecare per evitare che un giorno ci troveremo a importare non solo gas, ma anche acqua”. IL PARERE DI SALINI (WEBUILD) Secondo Pietro Salini, amministratore delegato del gruppo ingegneristico Webuild, l’Italia ha bisogno di sedici desalinizzatori per rispondere alla domanda di acqua nei mesi estivi: permetterebbero di produrre 1,6 milioni di metri cubi d’acqua al giorno, con un investimento complessivo di 2,5-3 miliardi di euro. Per soddisfare il fabbisogno italiano nell’intero arco dell’anno, servirebbero ottanta impianti di questo tipo. Salini, intervistato dal Sole 24 Ore nei giorni scorsi, ha aggiunto che l’Italia ha “una carenza d’acqua potabile di circa 2,9 miliardi di metri cubi l’anno”. “In Italia possiamo contare su appena 400 milioni di metri cubi d’acqua desalinizzata contro i 6 miliardi della penisola iberica […]. È una mancanza di visione”, conclude, “non utilizzare l’acqua marina che ci circonda”.
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